Ma come armonizzi così velocemente i brani?

“Ma come armonizzi così velocemente i brani?”

 

Allievo: “Oh Gennà, ma come fai ad armonizzare così velocemente i brani? A volte è un                       casino anche solo imparare il tema!”


Questa è una domanda che mi viene posta spesso quando a lezione gli alunni mi chiedono di suonare un brano in particolare e quasi sempre una delle prime cose che faccio è provare a suonarlo da solo con la chitarra, senza bisogno di backing track o accompagnamento. 

Questa mia passione nasce da un quesito che mi ero posto anni orsono, ovvero: 


Perché i pianisti possono divertirsi così tanto anche da soli, con tutte le possibilità armoniche che le due mani concedono, e noi chitarristi no? Ma soprattutto, perché nella musica cosiddetta ‘classica’ (sapete che in realtà è un termine che non condivido) la chitarra è uno strumento indipendente e in altri generi (v.il jazz) il guitar solo sembra essere una “cosa in più” a volte?”


Da questi quesiti ho quindi sviluppato un metodo che utilizzo per studiare e per insegnare ad armonizzare velocemente qualsiasi brano ci piaccia, ovviamente avendo a disposizione degli ‘oggetti’ e dei ‘prerequisiti’ che do per scontato. 

Ultimo appunto che ci tengo a fare è che quello che andrò a descrivere è il lavoro che faccio con il “materiale che conosco e che suono abitualmente”, quello che ho sotto le mani insomma, quindi non parlo di una riarmonizzazione troppo ricercata, che richiederebbe studio, ascolti extra e una ricerca armonica maggiore, ma uso materiale che suonerei dal vivo, diciamo che possiamo paragonarlo agli ingredienti che ho sempre a disposizione nella mia cucina.


Alcuni di questi ingredienti sono:

  • Drop 2, drop 3 ecc…
  • Scale (maggiori, minori, diminuite ecc)
  • Salti
  • Triadi e inversioni
  • Chord notes e quindi anche semplicemente terze e settime dell’accordo o estensioni
  • Contrappunto

Queste sono le prime cose che mi vengono in mente. Spesso lavoro semplicemente con linea di basso e melodia, andando poi a colorare con le voci interne come vedremo più avanti. Ma andiamo per ordine.

Indice:

  1. Ascolto di una o più versioni del brano che ci piace particolarmente
  2. Tonalità originale o trasposta?
  3. Trascrivere a orecchio o leggere da uno spartito?
  4. Studio del tema “così com’è” a note singole
  5. Aggiungo i bassi
  6. Di piùuuuuu, accordi, ma stiamo tranquilli
  7. Armonizziamo, ri-armonizziamo e divertiamoci con quello che conosciamo

Fase 1 “Ascolto ripetuto di una o due versioni”

La prima cosa che faccio, se non ho già il brano in “repertorio d’orecchio”, scelgo una versione che mi piace particolarmente, il più fedele possibile allo spartito originale e magari cantata (come diceva Dexter Gordon, “se non conosco il testo come posso suonare un brano?”) e la memorizzo, con tutte le inflessioni. Mi concentro sul tiro, sullo swing, sulle note giuste, su cosa dice il testo, sui cambi e su qualche passaggio particolarmente stimolante.

 

Fase 2 “Tonalità originale o trasposta?”

Emblematico l’ascolto del chitarrista Ed Bickert (per chi non lo conoscesse, un suono stupendo con la Telecaster e un comping ipnotico), che spesso ho sentito suonare in tonalità diverse dall’originale. Questo ci permette di utilizzare quelle che sono le potenzialità del nostro strumento come le corde a vuoto, sia per quando riguarda i bassi che le voci interne, per avere degli effetti tipo chitarra “rientrante” (v.chitarra nel XVIII secolo) e poter far cantare i temi in un range comodo, che metta in risalto la voce del nostro strumento. Diversamente possiamo comunque trovare delle soluzioni ingegnose in tonalità originali non proprio comode… proviamole entrambe e decidiamo.

 

Fase 3 “Trascrivere a orecchio o leggere da uno spartito?”

Anche qui il dittatoresuperproquasifamoso vi dirà che no, bisogna assolutamente trascrivere a orecchio. Beh, tra scrivere ha i suoi enormi vantaggi, soprattutto per quanto riguarda i soli, ma dobbiamo pure dire che se necessitiamo di un lavoro più veloce o vogliamo avere un confronto, oggi ci sono decine di trascrizioni molto, molto accurate. Inoltre, prendendo a esempio (come dicevo prima) le partiture originali, possiamo vedere cosa realmente voleva il compositore e non lasciarci trarre in inganno dalle pur meravigliose scelte armoniche che troviamo sui dischi famosi, spesso non conformi alle scelte dell’ autore.

 

Fase 4 “Studio del tema “così com’è” a note singole”

Questa fase è abbastanza semplice: studio il tema a note singole come fossi in cantante. Mi focalizzo sul suono, sulle dinamiche, sulla scelta delle corde da pizzicare in base al timbro scelto. Ragiono come un fiato. Mi piace, personalmente, pensare di essere un trombettista in questa fase, e immaginare come suonarebbe la tromba il tema scelto.

 

Fase 5 “Aggiungo i bassi”

Una volta che il tema suona bene, aggiungo i bassi del brano, eventualmente modificando qualche diteggiatura del tema se necessario. Questo tra l’altro é un ottimo esercizio di visualizzazione sul nostro strumento e ci fa anche concentrare sugli intervalli tra fondamentale e nota dell’ accordo.

Già così tutto suonerebbe benissimo con la giusta intenzione. Non ricordo chi, forse Julian Lage, suggeriva proprio questo tipo di lavoro anche quando si studia l’improvvisazione, ovvero prendere un brano e creare linee melodiche polifoniche insieme alla fondamentale dell’accordo. 

 

Fase 6 “Di piùuuuuu! Accordi, ma stiamo tranquilli”

A questo punto siamo pronti per aggiungere una o due voci interne. Tendenzialmente le note che non dovrebbero mancare (ma dipende) sono la terza e la settima. Nulla ci vieta di ritardare il loro arrivo con un movimento che fa dall’estensione (per esempio la nona che muove alla terza minore ecc) e di utilizzare voicings precostituiti (drop2 ecc) ma quello che è interessante di questo sistema è che ci aiuta a creare dei voicings personali, con un movimento delle parti che se seguito con attenzione diventa quasi contrappuntistico, in quanto ogni voce si muove verso l’accordo successivo con coerenza. Possiamo poi decidere la quantità di note del tema da armonizzare, nulla ci vieta di armonizzare soltanto alcuni punti della linea melodica o di armonizzare tutto con anche accordi di passaggio e tutto il materiale che ci interessa. Anche nella scelta del numero di note, possiamo tranquillamente usare semplicemente triadi (la dove possibile) o infoltire certi accordi con estensioni, colori e corde vuote. Importante è che facciamo sempre “cantare” la melodia. 

Altro punto su cui focalizzarsi fin da subito dovrebbe essere la dinamica tra le voci che dovrebbe differenziarsi tra il canto e l’accompagnamento (ascoltiamo i bravi pianisti!).

 

Fase 7: Armonizziamo, ri-armonizziamo e divertiamoci con quello che conosciamo

A questo punto, una volta che abbiamo montato il tutto e il brano funziona, possiamo sbizzarrirci provando soluzioni alternative, sostituzioni di accordi, movimento dei bassi discendente, slash chords, accordi sospesi, variare il tema e chi più ne ha più ne metta. Non c’è limite. Anche qua, particolare attenzione va sempre all’ascolto e al nostro gusto personale: credo sia inutile tentare di scimmiottare Joe Pass quando magari il nostro punto di forza sono le triadi aperte… Ovviamente questo non significa che non bisogna “rubare” dai grandi, solamente cercare sempre una strada personale che risuoni con il nostro sentire e non ci faccia “sentire” appunto, dei pesci fuor d’acqua.

Detto questo, non mi resta che augurarvi buon divertimento e mandate anche in privato le vostre esecuzioni!

 

 

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Chi sono?
Mi chiamo Gen Cotena e sono un chitarrista a cavallo tra il jazz e la musica classica. Aiuto chitarristi onnivori a galleggiare liberamente nella musica fornendo strumenti necessari per comprendere e suonare con competenza e personalità questi due linguaggi musicali.

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(un brano per ogni lettera dell'alfabeto)"
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